Last updated on 28 Gennaio 2021
Quando penso alle coppie miste mi torna sempre in mente il film con Sidney Poitier, in “Indovina chi viene a cena”, in cui le due famiglie e la coppia vivono per la prima volta le difficoltà di una relazione di coppia mista nel 1967. Analizzando nel tempo il mio vissuto romano notai come fosse di moda sia per maschi che per le femmine il cercare il diverso e instaurare una relazione, additando l’altro (il nero/a) di essere razzisti o violenti nelle coppia. Sia le nere che i neri incolpavano l’altra parte di atteggiamenti aggressivi o di privilegiare il bianco per comodità e interesse. Spesso da alcune ragazze ero incolpato di frequentare solo bianche in quanto disprezzassi il colore nero della loro pelle, non sapendo delle mie relazioni precedenti. Ma di mio non feci mai caso a questi pensieri, ma focalizzai la mia ricerca della mia metà per il suo quoziente intellettivo, carattere, intensità e per l’aspetto fisico che mi soddisfacesse.
L’incontro a volte avviene senza volerlo, e a volte è necessario cercarlo, come nel mio caso con Diana, la mia attuale fidanzata. Il nostro è stato un incontro di sguardi che scrutavano direttamente le nostre anime, travolgendoci con forza e sbattendoci in faccia la tangibile realtà. Quando due cuori si incontrano non hanno cognizione di ciò che li circonda, essi cercano solo di esistere e battere il tempo all’unisono. E’ stata una questione di un attimo e la realtà non era più la stessa. Ci siamo spaventati di questa sensazione travolgente, ci siamo allontanati, abbiamo cercato di minimizzare quel sentimento che ormai ci legava indiscutibilmente dal tempo passato. Poi il caso ci ha fatto incontrare di nuovo, e stupiti noi osservavamo come il destino seguisse regole non percepibili dall’umanità. Il desiderio aveva ormai occupato tutti gli spazi vaqui delle nostre anime fino a materializzarsi come sogno condiviso.
Siamo spessi osservati da tutti, ma proprio tutti: neri bianchi, gialli, rossi e si ci fossero credo anche verdi. Ultimamente ho lasciato crescere i capelli stile Angela Devis e questo non ha fatto altro che aumentare gli sguardi quando cammino o camminiamo insieme. Di mio non sono un autentica seconda generazione ne un totalmente adottato, ma più una sorta di ibrido. Fin da piccolo vivo assieme a mia madre assieme a una famiglia italiana bianca con cui abbiamo instaurato un rapporto di famiglia, infatti ho una mamma somala (che da poco è diventata italiana), una mamma italiana (bianca), un papa italiano, un fratello e sorella biondissimi. Come una rappresentazione Shakespeariana dell’amore perfetto avversato dalla società, anche il nostro Romeo e la nostra Giulietta hanno le loro fazioni portatrici di dubbi sociali e paure xenofobe, che riflettono la crisi culturale e sociale di oggi.
Per Diana fu la prima relazione con un nero, mentre per la famiglia, pur essendo di larghe vedute, l’evento suscitò discussioni e sollevò dubbi sulle possibili difficoltà che avrebbe dovuto affrontare e per le caratteristiche di una cultura diversa che possono essere motivo scontro e sofferenza in un mondo come quello attuale. Durante un’indagine sociale con la rete televisiva #La7 in un quartiere popolare di Roma sulla #xenofobia e la percezione del diverso, Diana è stata oggetto di un avviso a lei rivolto di preservare il colore della sua pelle non mischiandosi con altre etnie. “Secondo lei perché esistono le Nazioni? Tu italiana devi portare avanti la razza italica, in Italia i figli li fanno solo gli stranieri … Ognuno a casa sua deve stare!”. Anche Amin è stato sottoposto a domande inquisitrici e consigli spassionati: “Ma perché devi stare con una bianca? Non ti piacciono le donne africane del tuo stesso colore?”.
Per la madre somala era importante che facessimo un matrimonio religioso islamico senza dover per forza passare per il comune, il suo era più il desiderio di tutelare il nostro rapporto davanti agli occhi della comunità. Logicamente né a me né a Diana ci passò letteralmente per la mente di fare un passaggio del genere pur amandoci profondamente. Il padre biologico (di Amin), senza essere stato presente nella sua vita, ha avuto da ridire su questo legame che non corrispondeva ai suoi standard sociali comunicando il suo disappunto sui social media. Vai a raccontargli del patrimonio genetico e culturale che a prescindere ci appartiene, dell’incontro di due anime che non vedono altro che la luce interiore; che il mondo è in continuo cambiamento e la costruzione di una società più rispettosa ed etica è un lavoro costante. Cerca di fargli capire che nell’unione sta la forza e che una società che include è sempre vincente. Trasmettigli il senso di empatia, curiosità e fratellanza che dovrebbe condurre le nostre scelte strategiche di gestione della società.
Foto Rino Bianchi